Le coppie di fatto e il contratto di convivenza

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Le coppie di fatto e il contratto di convivenza

Studio Cortorillo (Immobiliare-Condomini-CAF)
Pubblicato da Studio Cortorillo in FISCO · Venerdì 08 Lug 2016
Tags: fiscoconvivenza
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Con l'entrata in vigore della legge Cirinnà (Legge 20 maggio 2016 n. 76), due persone dello stesso o di diverso sesso possono presentarsi all'anagrafe per dichiarare la propria convivenza di fatto oppure registrare il contratto di convivenza stipulato.
I conviventi di fatto registrati (cioè quelli che abbiano registrato il loro stato di stabile convivenza etero o omosessuale nei registri anagrafici) possono disciplinare formalmente i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune. Questo significa che possono affidare a un contratto, appositamente stipulato, la regolamentazione degli aspetti economici del loro menage; si tratta di una opportunità e non di un obbligo, in quanto i conviventi hanno la facoltà di svolgere il loro rapporto anche in assenza di un contratto.
Questi contratti, c.d. di convivenza, sono atti ad ospitare un contenuto molto amplio, perché l’unico limite è quello di trattare questioni inerenti l’ambito dei rapporti patrimoniali e, pertanto, non sono idonei a regolamentare questioni diverse da quelle di rilevanza economica, come le tematiche di natura strettamente personale (es. la vita sessuale e l’organizzazione familiare).
Nei contratti di convivenza possono dunque essere trattate le seguenti materie:
- il luogo nel quale i conviventi convengono di risiedere;
- le modalità che i conviventi convengono circa la reciproca contribuzione da effettuare per far fronte alle necessità della vita in comune, e ciò in relazione al patrimonio e al reddito di ciascuno di essi e alla rispettiva capacità di lavoro professionale o casalingo;
- l’adozione del regime patrimoniale della comunione dei beni, significando che, mentre i componenti di una unione civile (i quali, come tali, devono essere necessariamente dello stesso sesso) sotto il profilo del regime patrimoniale coniugale sono in tutto e per tutto equiparati ai coniugi di un matrimonio ordinario, e in mancanza di una diversa opzione (regime di separazione dei beni) si instaura ex lege il regime di comunione legale dei beni, per i conviventi di fatto registrati in anagrafe e per i conviventi non registrati accade l'esatto contrario. Infatti, nel corso della convivenza (sia che si tratti di convivenza registrata che di convivenza non registrata) il regime degli acquisti è regolato dal principio in base al quale l’acquisto profitta solo al soggetto che lo effettua: per far sì che dell’acquisto ne benefici anche l’altro componente della coppia occorre non solo che si tratti di una convivenza registrata in anagrafe, ma che abbiano anche scelto di inserire nel contratto la clausola dell’adozione del regime di comunione, e cioè di determinare l’effetto per il quale qualsiasi acquisto da chiunque compiuto durante la convivenza appartenga alla comunione dei conviventi.
Il Ministero dell'Interno con la circolare n. 7 del 1 giugno 2016 ha dettato le prime indicazioni sugli adempimenti anagrafici da seguire.
L'ufficio anagrafe del Comune dovrà procedere alla registrazione dei conviventi di fatto, come definiti dalla legge n. 76/2016 ossia "due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile", in base alle procedure già previste e disciplinate dall'ordinamento anagrafico.
La registrazione deve essere effettuata entro 2 giorni lavorativi dalla richiesta (che può essere inviata all'anagrafe anche da un solo partner, sia direttamente che mediante fax, posta, o telematicamente), alla quale segue una fase istruttoria relativa all'accertamento dei requisiti di legge. Identica registrazione (da richiedere nel comune dove è registrata la convivenza) deve essere eseguita per il contratto di convivenza che risulterà dallo stato di famiglia dove la convivenza verrà certificata.
I contratti di convivenza, da redigere in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne attestano la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico, rappresentano un adempimento nuovo che l'ordinamento ha configurato quale base giuridica della opponibilità del contratto ai terzi.
Una volta redatto e sottoscritto, il contratto dovrà essere trasmesso entro dieci giorni dal professionista (notaio o avvocato) al Comune di residenza dei conviventi per la registrazione in anagrafe, ai fini dell'opponibilità ai terzi.
Una volta ricevuta copia del contratto di convivenza da parte del professionista, l'ufficiale dell'anagrafe del Comune di residenza della coppia dovrà "tempestivamente" procedere alla registrazione nella scheda di famiglia dei conviventi (oltre che in quelle individuali), della data e del luogo della stipula, della data e degli estremi della comunicazione da parte del professionista. Inoltre dovrà assicurare la conservazione agli atti dell'ufficio di copia del contratto.
In caso di cessazione del vincolo contrattuale, la legge Cirinnà ha previsto la risoluzione del contratto di convivenza per le seguenti ragioni:
- accordo delle parti;
- recesso unilaterale;
- matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e altra persona;
- morte di uno dei contraenti.
Alla luce di quanto previsto dalla legge, perciò, l'attività degli uffici anagrafici riguarderà anche l'eventuale risoluzione del contratto di convivenza.
In conclusione, è opportuno considerare che le scelte manifestate in sede di registrazione del contratto di convivenza possono interferire con le imposte sui redditi (l’imputazione dei redditi a ciascuno del conviventi può essere paritaria oppure no a seconda delle scelte praticate), oppure con le imposte sui trasferimenti (imposta di registro o di successione). Va sottolineato, comunque, che le scelte manifestate nell’atto di convivenza riguardano i beni acquisiti dopo la registrazione dell’atto. La costituzione della convivenza di fatto, in assenza di disposizioni transitorie capaci di incidere sulle scelte pregresse, non consente attualmente una diversa chiave di lettura.


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